Dal 1959, anno della vittoria di Che Guevara e Fidel Castro, le uniche vetture che potevano essere liberamente vendute a Cuba dovevano risalire a prima della Rivoluzione. Con qualche eccezione, dagli anni Settanta, riservata ad alcune categorie di cittadini: artisti, diplomatici, atleti, medici.
Fino a quando, nel dicembre 2013, il quotidiano cubano Granma diede la notizia: Raul Castro, presidente di Cuba, era pronto ad aprire l’isola al libero mercato dell’auto. Niente più folkloristiche vetture degli anni Cinquanta, niente più Chevrolet scolorite tenute insieme con rappezzi ed interventi meccanici al limite dell’irrazionale. Un po’ di nostalgia per gli appassionati dell’immagine dell’isola comunista dei Caraibi, ma anche il riconoscimento che era giunta l’ora di guardare avanti.
Oggi, a riforma compiuta, il governo rende noti i primi dati sulle vendite: in sei mesi, sono state vendute appena 50 auto e 4 motociclette. Praticamente niente. La liberalizzazione del mercato dell’auto attuata da Raul Castro non ha avuto l’impatto che si attendeva la comunità internazionale.Allo stesso tempo i cubani sono convinti che le vecchie auto degli anni Cinquanta, che rappresentano la maggior parte dei veicoli presenti, siano uno dei motivi per cui tanti turisti visitano l’isola. Senza quelle anche il turismo ne pagherebbe le conseguenze.
Del resto le Buick, le Pontiac, le vecchie Ford, ma anche le più “recenti” auto di importazione sovietica come le Lada o le Moskovich, sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo su Cuba.